Finalmente con la direttiva UE 2019/904, la cosiddetta Sup (Single Use Plastic), Bruxelles mette al bando le plastiche mono-uso.
Dal 3 luglio cotton-fioc, posate e piatti di plastica, cannucce, contenitori per alimenti e bevande in polistirolo sono fuorilegge!
I prodotti elencati sono quelli che hanno già delle valide alternative senza utilizzo di polimeri; per gli altri, come ad esempio sacchetti di plastica monouso, bottiglie, contenitori per bevande e alimenti per il consumo immediato, pacchetti e involucri, salviettine umidificate, la normativa invita ad un utilizzo consapevole e limitato grazie anche all’obbligo per i produttori di rendere chiare e complete le schede del prodotto riportando anche le indicazioni per la corretta raccolta differenziata.
La direttiva UE 2019/904 ha stabilito inoltre che entro il 2030, in tutti gli Stati Membri, le nuove bottiglie dovranno essere prodotte con almeno il 30% di plastica riciclata.
E’ chiaro che l’uso della plastica abbia numerosi vantaggi: facilmente modellabile, leggera, resistente, isolante e soprattutto davvero poco costosa da produrre.
E’ quasi impossibile pensare ad attività umane non legate all’utilizzo della plastica.
Difficilmente potremmo davvero immaginare un futuro senza plastica.
Allora perché è stata messa al bando?
Il problema forse non si porrebbe se venisse correttamente smaltita e riciclata!
Invece la dispersione nell’ambiente sta creando un vero dramma ambientale.
Gli oggetti in plastica possono durare centinaia di anni prima di biodegradarsi in mare! Basti pensare che per un sacchettino di plastica ci vogliono 20-50 anni!
Nel mondo sono emerse nuove isole, fatte di rifiuti, degli accumuli in prevalenza costituiti da plastica.
Il più grande è il great Pacific garbage patch (in italiano grande chiazza di immondizia del Pacifico) che si muove tra la California e l’Arcipelago Hawaiano e si sposta seguendo la corrente oceanica. Ha più di 60 anni ed è grande come la Penisola Iberica.
Ma anche noi in Italia non possiamo “lamentarci” della nostra macchia di plastica che galleggia tra l’ Elba, la Corsica e Capraia, all’interno del Santuario dei Cetacei.
La bio-plastica sembra essere un’ottima alternativa!
Ma cosa sono le bio-plastiche e quali i pro e i contro?
Il termine plastica fa riferimento ad un materiale “termoformabile” cioè che può essere fuso, si scioglie e diventa malleabile.
Il termine “bio” associato alla plastica, può indicare quei polimeri che possono avere origine sia da fonti rinnovabili ( di origine vegetale o animale, sottoprodotti e scarti di produzione) sia dal fossile ( il petrolio) ma che abbiano la caratteristica di essere biodegradabili e/o compostabili.
Biodegradabile significa che si decompone in modo naturale o grazie ai microrganismi in sostanze più semplici: anidride carbonica, acqua e metano.
La biodegradabilità non dipende dall’origine del materiale.
Alcuni tipi di plastica, come il PET, sono di origine vegetale ma non sono biodegradabili, quindi non possono essere considerate come delle bio-plastiche.
Altri derivano da fonti non rinnovabili ma sono biodegradabili; altri ancora derivano parzialmente o totalmente da biomassa e sono biodegradabili.
Non tutte le plastiche bio sono compostabili. Quindi un sacchetto compostabile o uno biodegradabile non sono la stessa cosa:
- biodegradabile dovrà essere comunque inserito nell’indifferenziato
- compostabile dovrà essere inserito nell’umido
Quindi un sacchetto compostabile possiamo abbandonarlo in natura?
Assolutamente no! Solo a seguito di un corretto processo, il sacchetto verrà completamente smaltito.
Inoltre sarebbe comunque una minaccia per l’ambiente.
Ma quali sono i contro delle bio-plastiche?
- occorrono vaste aree agricole per produrre le materie prime
- sono compostabili solo in specifici impianti di smaltimento
- non aiuterebbero a disincentivare l’usa e getto e lo spreco delle risorse naturali che diventano sempre più preziose per la sopravvivenza dell’uomo.
Emerge sempre più chiaramente un desiderio di cambiamento per ridurre lo spreco delle risorse naturali e per salvaguardare la bio-diversità.
Ad esempio numerose sono le strade che i ricercatori stanno percorrendo per trovare alternative per la produzione della bio-plastica utilizzando sostanze di scarto.
Per esempio Enea, l’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile in collaborazione con Eggplant, sono impegnati nel progetto BIOCOSI’ che utilizza le acque reflue dei caseifici per produrre imballaggi e packaging biodegradabili e compostabili.
Da parte nostra, come cittadini, l’attenzione al corretto smaltimento, al riutilizzo e alla riduzione dello spreco diventa un importante gesto di civiltà.
Come possiamo ridurre i rifiuti di plastica?
- evitiamo di acquistare merce con imballaggi multipli
- doniamo non buttiamo ciò che non ci serve
- aggiustiamo ciò che si rompe
- acquistiamo i prodotti sfusi utilizzando sacchetti compostabili
Cerchiamo di riflettere sempre sulle conseguenze che una nostra scelta potrà avere sull’ambiente e aiutiamo le nuove generazioni a fare lo stesso.
Se volete qualche idea o consiglio in più potete segnarvi un importante appuntamento, Covid-19 permettendo, che si svolge nel Quartiere fieristico di Bologna: SANA, Salone Internazionale del Biologico e del Naturale (dal 9 al 12 settembre 2021).
La redazione di Lope Cda